Vi è mai capitato di sentirvi in colpa perché, nonostante la dieta, non avete saputo resistere davanti ad una fetta di dolce?
Dopo una giornata stressante non vedete l’ora di tornare a casa e consumare un cibo che magicamente elimini tutta la frustrazione accumulata?
La sera, mentre state davanti alla tv e passa la pubblicità di un hamburger con patatine fritte, vi ritrovate ad aver ancora appetito, nonostante la cena sia terminata da poco?
Se mai vi è successo, potreste essere caduti anche voi nella dipendenza da cibo!!
Come avrete potuto capire, quest’oggi ci addentreremo più nel profondo della nostra mente e, con la guida del Dott. Kessler, andremo a vedere come zucchero, grassi e sale ci spingano al consumo compulsivo degli alimenti, surclassando gli stimoli di fame e sazietà.
Partiamo dalle basi: nel linguaggio quotidiano definiamo appetibilità “la qualità che rende desiderabile qualcosa attraendo soprattutto i sensi e l’immaginazione”, di fatto per noi è appetibile un cibo che sia buono. Differente, invece, è l’utilizzo che ne viene fatto nel campo scientifico: appetibili, in questa seconda accezione, sono i cibi che “eccitano l’appetito e funzionano come un incentivo a mangiare” (Peter Rogers, docente di psicologia biologica alla University of Bristol).
Sin dagli anni ’70 l’industria alimentare indaga su quali siano le caratteristiche organolettiche che rendono i cibi più appetibili e, di conseguenza, che incrementino i fatturati delle aziende. I risultati ottenuti, condivisi anche dal mondo scientifico, hanno mostrato come zucchero, grassi e sale rendono i cibi iper-appetibili. Addrittura, se aggiunti nelle giuste concentrazioni, si viene a creare il “punto di massimo godimento” che permetterà al cibo di essere estremamente stimolante e ci indurrà a ricercarne ancora, anche in assenza di fame.
Provate a prendere qualsiasi alimento confezionato che avete nella credenza e scorrete l’elenco degli ingredienti, vedrete che, questi tre nutrienti sono presenti ovunque. Come diciture potrete trovare:
- Zuccheri = zucchero di canna/bietola, zucchero integrale , fruttosio, glucosio, lattosio, zucchero d’uva, maltosio, destrine, sciroppo di amido con fruttosio, sciroppo di mais, malto destrine, mannitolo, sciroppo di malto edulcoranti e succedanei dello zucchero tipo E965 xilitolo, E 421 mannitolo, E 965 maltitolo, E 420 sorbitolo, E 953 isomaltitolo, E 966 lactitolo, E 968 Eritriolo…
- Sale = cloruro di sodio, bicarbonato di sodio, nitrato di sodio, solfato di sodio o glutammato monosodico (sigla E621).
- Grassi = qualsiasi tipo di olio (oliva, semi, palma, cocco, oli misti idrogenati ecc…), burro, margarine.
Ma perché accade tutto ciò?
Possiamo identificare due tipi distinti di cause che generano questo comportamento: la prima è di natura fisico/chimica, mentre la seconda emotiva. Andiamo a vedere più nel dettaglio di cosa di tratta…
Alla base della struttura cerebrale vi sono delle cellule chiamate neuroni. Questi sono collegati tra loro in una fitta rete, comunicano per creare sensazioni, immagazzinare informazioni e guidare il comportamento. Alcuni di loro sono codificati per l’appetibilità dei cibi, ossia, vengono attivati dal profumo, vista, consistenza ma soprattutto dal gusto degli alimenti. Questa tipologia di neuroni fa parte del sistema oppioide, il principale sistema di piacere dell’organismo. Quando assumiamo un alimento zuccherino o grasso attiviamo i neuroni che scatenano, nel sistema oppioide, la produzione di endorfine, le quali, a loro volta, stimolano l’attività della dopamina a livello del nucleus accubens, un’area del cervello in cui è sito il centro del piacere.
Quindi, vi starete chiedendo, tutti questi paroloni complicati in cosa si concretizzano??
Consumando alimenti grassi e zuccherini percepiremo una sensazione gratificante simile a quella prodotta da droghe oppioidi quali la morfina: risulteremo più calmi e dolore e tensione saranno realmente alleviati. Tutto ciò non farà altro che aumentare il desiderio di mangiare ancora, comportamento motivato dalla dopamina, la quale alimenta una sensazione di ansiosa aspettativa e genererà comportamenti di compulsiva ricerca del cibo che tanto ci fa stare bene.
E dal punto di vista emotivo cosa accade? Se vi dicessi che fin dalla nascita associamo il cibo alla sfera emozionale?
Nel prossimo articolo approfondiremo la tematica e scopriremo com’è possibile sradicare l’abitudine al consumo compulsivo di alimenti così da riscoprire il reale piacere dello stare a tavola!
A presto!
Dott.ssa Alessandra Menegon
Dietista